martedì, agosto 17, 2010

“Volo d’angeli” la storia in mostra

L'incanto è durato dodici anni e, a distanza di tanto tempo, Viterbo ancora ha un vivido ricordo. E "Volo d'angeli", la macchina di Santa Rosa che, nel XX secolo, affascinò tutti i viterbesi. L'associazione culturale onlus "Pro Volo D'Angeli" organizza una mostra storico-fotografica realizzata in onore di tutti coloro che parteciparono alla realizzazione e al trasporto della Macchina di Santa Rosa dal 1967 al 1978. Sarà rappresentata la storia del giovane Giuseppe Zucchi, i motivi che lo avvicinarono al mondo della Macchina di Santa Rosa, come il suo percorso artistico, che lo portò all'ideazione e alla realizzazione del Volo D'Angeli, presentato al concorso del 1967 insieme al figlio Luigi, sempre al suo fianco come unico consulente artistico. Sarà possibile ripercorrere dettagliatamente tutta la storia di questa indimenticabile Macchina di Santa Rosa (12 anni di trasporti), tanto bella quanto segnata da mille sofferenze e difficoltà sia per il suo ideatore che per la sua famiglia la quale si impegnò in prima persona prendendosi ogni responsabilità anche nei momenti più difficili, basta pensare al tragico fermo del 1967 come all'incidente mortale di un operaio durante i lavori di montaggio, incidente che costrinse il costruttore a montare il Volo D'Angeli senza capannone per quattro anni per mantenere intatta la tradizione del trasporto del 3 settembre contro ogni avversità. Verrà mostrato anche il bozzetto originale in gesso realizzato da Giuseppe e Luigi Zucchi nel 1965 e presentato al concorso del 1967 e il modello in scala della Fontana Grande detta del Sepale realizzato in bronzo da Giuseppe nel 1950, fontana a lui tanto cara da cui trasse ispirazione per realizzare l'architettura centrale del Volo D'Angeli. Potrà anche essere visionato il filmato storico 3 settembre 1967,
"quando gli Angeli impararono a volare"
, per ripercorrere la storia e le emozioni della Macchina di Santa Rosa più bella e amata del XX secolo. L'inaugurazione si terrà il 19 agosto alle ore 17 presso la Sala degli Almadiani a Viterbo in presenza delle autorità cittadine e di tutti i devoti ed appassionati della Macchina di Santa Rosa. Il trasporto del 1967, durante il quale la Macchina si fermò viene così raccontato:
"Per prima cosa, la Macchina di Zucchi si lancia in alto, raggiungendo un'altezza da vertigine, 30 metri esatti; inoltre il disegno esce dagli schemi ormai consueti negli ultimi anni, oscillanti tra stile gotico e stile moderno, per acquistare una diversa misura stilistica che riscuoterà, poi, unanimi consensi. La costruzione della macchina procede senza soste fino a giungere alla vigilia del trasporto, con la mole approntata in ogni sua parte. I giornali registrano, senza conferme e senza smentite, una polemica tra progettista - costruttore e l'ingegner Raniero Perugi, incaricato della parte tecnica; questi vorrebbe un breve percorso di prova, per controllare eventuali inconvenienti, ma incontra l'opposizione del costruttore. La sera del 3 settembre l'attesa è spasmodica. Alla ‘mossà, mentre la macchina sbuca dalla tettoia, la mole ha uno sbandamento sulla propria destra che i facchini riescono a stento a contenere; l'acclamazione della folla si attenua nel timore e nella sorpresa, ma la torre luminosa prosegue, sia pure fortemente inclinata e con un ondeggiamento innaturale. Molti viterbesi, di quelli che conoscono ormai da decenni tutti i segreti del trasporto, cominciano a nutrire perplessità; i facchini ansimano, piegano le ginocchia, urlano e imprecano, ma riescono a giungere fino a piazza Fontana Grande. La sosta è accolta come la liberazione da una punizione ingiusta. Mentre si rimette in sesto l'impianto di illuminazione che presenta degli inconvenienti, alcuni facchini cominciano a protestare per l'enormità del peso cui sono sottoposti. Il costruttore incita i suoi uomini, mette ‘sotto' le riserve e dopo una sosta prolungatasi assai oltre il normale, ordina nuovamente la partenza: appena sollevata la macchina si piega nuovamente sulla destra e così procede per qualche decina di metri. In via Cavour, all'altezza del palazzo dell'amministrazione provinciale, un nuovo sbandamento porta quasi sul limite esterno della strada l'enorme mole che si arresta; i facchini invocano i cavalletti"
Corriere di Viterbo Martedì 17 Agosto 2010

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