lunedì, marzo 23, 2009

I profumi degli Etruschi in mostra al Museo nazionale

Che essenze, che radici, che infusi usavano gli Etruschi? La civilizzazione del popolo era arrivata al punto di essere considerata capace di produrre veri e propri profumi? Il Centro di archeologia sperimentale Antiquitates di Blera è riuscito, partendo dai reperti (alambicchi, mortai, imbuti, recipienti vari, pesi da telaio ed utensili di pietra), con l'ausilio delle analisi chimico-fisiche dei ricercatori del Cnr di Roma, a ricomporre il ciclo produttivo dei profumi e ad individuare gli elementi con cui venivano preparati dagli Etruschi.
Sono stati attribuiti loro i nomi delle dee dell'Olimpo: Hera, Athena, Artemide e Afrodite. Sono i quattro profumi preistorici, composti da olio d'oliva, acqua, pino e coriandolo, mescolati ad alloro e bergamotto, prezzemolo, mandorla amara e menta, le cui fragranze potranno essere annusate durante una mostra allestita a Viterbo, nella Rocca Albornoz, sede del Museo archeologico nazionale etrusco, dal 2 aprile prossimo.
In esposizione, oltre alle ampolle con le fragranze, ci saranno le tecnologie preistoriche per preparare i profumi rinvenute nel sito di Pyrgos-Mavroraki a Cipro dalla missione del Cnr, finanziata dal ministero degli Esteri.
Lo scavo di Pyrgos-Mavroraki sta portando alla luce una vasta area industriale, risalente alla metà del terzo millennio a.C., distrutto da un violento terremoto nel 1850 a.C.
circa, in cui, tra l'altro, si producevano profumi. Numerose fonti letterarie ed epigrafiche ricordano gli incensieri, gli oggetti che servivano in sostanza a diffondere il profumo delle essenze odorose nei vari ambienti.
Sono convenzionalmente indicati, anche per la realtà etrusca, con il nome di thymiaterion e ne esistono tre studi fondamentali.
Per quelli villanoviani uno studio di Ducati del 1912; su quelli di periodo orientalizzante, per lo più da Populonia, quello di Vinattieri; su quelli di periodo orientalizzante e arcaico provenienti da Tarquinia, quello di Maria Paola Bini.
Le linee salienti dell'ultimo studio focalizzano l'attenzione sui contesti di utilizzo dei bruciaprofumi in Etruria.
Anzitutto compaiono in scene di danze e giochi per le onoranze funebri in due pitture tombali etrusche, rispettivamente la Tomba dei Giocolieri di Tarquinia e la tomba della Scimmia di Chiusi: in entrambe le scene il thymiaterion è tenuto in equilibrio sulla testa della danzatrice.
L'appartenenza dell'incensiere alla serie degli oggetti più strettamente legati all'uso conviviale è testimoniato in primo luogo dalla rappresentazione del thymiaterion nelle scene di banchetto di un cippo chiusino, della tomba Golini i di Orvieto e della tomba del Biclinio di Tarquinia

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