venerdì, novembre 07, 2008

Alla riscoperta della carne d’oca

"Chi non mangia l'oca a San Martino, non fa un becco di un quattrino."
Niente paura, il detto non è riferito alla frazione dei Cimini, ma alla festa dell'11 novembre. L'oca, un volatile poco conosciuto e apprezzato nel centro Italia, può offrire tanto e merita di essere rivalutato.
"Dell'oca - afferma Giacchino Palestro, produttore di salumi di oca - non si butta via nulla. La carne non è grassa e non è vero che si tratta di un prodotto tipico francese, ma nasce nell'antica cultura romana.
Prima tutti, nell'intero Stivale, avevano questo animale in casa tanto che senza un piumino d'oca come dote le ragazze non si potevano sposare."
Patrizia Belli ed Ezio Rossi, attraverso la loro azienda agricola "Mannaggia all'oca", stanno cercando di far riscoprire nella Tuscia questa carne prelibata, poco calorica e, perché no, sfiziosa.
Ma non sono i soli a credere nel rilancio di questo animale per ora considerato un alimento di nicchia.
A sostenerlo sono anche la consigliera di Parità Daniela Bizzari che ha creduto nel progetto e si è fatta in quattro per aiutare l'azienda.
Così come Vita Sozio, presidente provinciale per l'imprenditoria femminile:
"Mi ha colpito - spiega - la caparbietà e la determinazione di questa imprenditrice che viene dal nord.
Siamo lieti, come Camera di Commercio, di sostenere lei così come altri imprenditori che vogliono fortificare la loro azienda.
Per farlo il consiglio è quello di rivolgersi sempre all'ente camerale che deve essere una seconda casa."
"Così come il coniglio leprino - aggiunge il segretario Rosati - anche l'oca può rientrare tra le carni tipiche del nostro territorio."
Presente all'incontro, inoltre, il presidente Fipe, Antonia Biritognolo, che invita i ristoratori ad utilizzare questo tipo di carne, puntando sempre sulla qualità dei prodotti e sulla tipicità.
"Ecco come da una piccola azienda può nascere una grande idea, da cui può scaturire un'interessante volume d'affari, conferma Ermanno Mazzetti, vice direttore della Coldiretti.
Questo prodotto - conclude Mauro Barlozzini, direttore Confcommercio Viterbo - deve rientrare nella nostra cultura, visto che già le nostre nonne lo utilizzavano, e per farlo si deve partire dalla distribuzione al pubblico."

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