domenica, marzo 29, 2009

Ditegli sempre di sì al Teatro Quirino

La follia, argomento principe di opere teatrali, è stata oggetto anche dell'acuta osservazione di Eduardo con "Ditegli sempre di sì", in scena al Teatro Quirino fino al 9 aprile, interpretato e diretto da Geppy Gleijeses (nella foto) con Gennaro Cannavacciuolo e Lorenzo Gleijeses.
La società "normale" dove i doveri sono sacri, le stranezze debbono essere controllate e il linguaggio deve avere una coerenza logica tanto più marcata nel suo autoritarismo quanto più usata per nascondere e andare oltre il senso.
L'ambiguità è figlia del nostro modo di comunicare e proprio in questo scarto fra senso letterale e significato delle parole si cela l'emozionante ricchezza del linguaggio.
Ci si abitua ai doppi sensi, per tutti normali: ma ma non per Michele Murri, che, per la piece teatrale di Eduardo De Filippo, è appena uscito dal manicomio e pazzo lo è davvero.
La drammaturgia, Pirandello in primis, ci ha parlato più volte del tema della pazzia: la pazzia come maschera, come fuga dal mondo, come genialità incompresa.
Ma Michele Murri non è nulla di tutto ciò: Michele Murri è un pazzo vero e la sua pazzia consiste appunto nel rimanere paradossalmente e ostinatamente attaccato a quella realtà che da tutte le parti gli sfugge.
Ogni parola, ogni gesto, ogni concatenazione di frasi deve corrispondere a un dato reale, concreto. Non esiste l'irona, non riconosce l'allegoria, gli è estranea la parafrasi. Non viene risparmiata neanche l'arte e la poesia. Il suo stato anormale, all'inizio fatto solo di piccoli tic e qualche risatina, porta Michele a pretendere che tutti usino il termine appropriato per indicare qualcosa se qualcuno gli dice "sono morto" lo prende sul serio e manda un telegramma di condoglianze.
Fino agli ultimi dieci minuti "Ditegli sempre di sì" sembra la classica commedia degli equivoci: l'assurdità delle situazioni e la comicità tutta napoletana dei personaggi, ognuno "una macchietta" quasi caricaturale, trascina facilmente le risate del pubblico.
C'è il protagonista che combina guai in successione per la sua maniacale volontà di controllo sulla "logica del discorso".
C'è sua sorella che pazza non è ma pure ha qualcosa di strano, tutta dedita al fratello e preoccupata di tenere la sua degenza in manicomio fra "i panni sporchi di famiglia".
C'è Luigi Strada, attore, poeta, scrittore: un "teatro nel teatro" impietosamente oggetto di parodia nel suo narcisismo artistico.
Proprio in Luigi alla fine il protagonista si rispecchierà, in un vero e proprio "transfert di follia", dicendo a lui quello che in realtà vorrebbe dire a se stesso fino a un gesto estremo che farà cadere tutto l'intreccio intorno all'apparente, ermetica distinzione fra chi è sano e chi non lo è.
Il finale, per bocca del pazzo Michele, ha del commovente.
"Qual è la tua malattia - dice all'innocente Luigi Strada appeso a testa in giù, quasi a voler indicare il rovesciamento della logica della pazzia-? La tua malattia è l'ostinata volontà di ragionare a scapito dell'ordine costituito.
Vattene o' manicomio. Tu sei un pericolo per la società. La gente ha paura di te."
Un capovolgimento della raltà che inclina il quieto vivere. La commedia fu scritta da Eduardo per Vincenzo Scarpetta due anni prima la data della prima messa in scena che avvenne proprio ad opera di Scarpetta nel 1927.
La riproposizione da parte della compagnia Teatro Umoristico i De Filippo fu invece del 1932 per la regia di Eduardo, al Teatro Nuovo di Napoli e nella commedia recitano, oltre ai tre fratelli De Filippo, tra gli altri, anche Tina Pica e Dolores Palumbo.
Altra importante rappresentazione per Ditegli sempre di sì, quella della compagnia di Luca De Filippo che la porta in scena alla Biennale Teatro '82 a Venezia ed anche qui la regia è firmata da Eduardo stesso, mentre la parte che fu sua nelle precedenti rappresentazioni (quella di Michele Murri) viene interpretata da Luca.Ulteriori rappresentazioni sono state nella stagione 1997-98 per la regia di Luca De Filippo e, all'estero, a Los Angeles, nel 1997

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