"Il nostro interesse - si legge in una nota degli organizzatori - si è soffermato in particolare su quelle compagnie o singoli artisti che ci hanno comunicato con il loro lavoro e con testi originali, l'urgenza di un percorso che attraversa con verità, anima, corpo, storie e memoria degli artisti stessi. Sei le compagnie scelte. Stasera andranno in scena: "Rosso" (Primo studio su donne e patria) di Francesca De Rossi, regia Jacopo Bezzi e Massimo Roberto Beato con Sara Meoni per la compagnia i Mascadieri; "Nata", di e con Priscilla Giuliacci; "Lei che rimane", di e con Lucia Mattei. Domani sera sarà la volta di: "o taccia x sempre", di Pamela Sabatini con Valeria Bianchi, Stefano Di Leginio, Pamela Sabatini, aiuto regia Valeria Bianchi; la compagnia Matuta Teatro in "Macellum ovvero il valzer dell'Orazio", ideazione e regia Jullia Borreotti con Titta Ceccano, musiche in scena Roberto Caetani; "Lettera di bambola. Lettera di soldato", con Stefania Monaco, Enrico Pittaluga, regia di Dario Merlini. "Il teatro è un atto d'amore. Scava nella vita, succhia dalla vita e poi ridona se stesso, trasformato, alla vita; e lo fa con i suoni, con il sudore e la paura, con la voce raschiata o limpida, con il sorriso e le lacrime che tagliano il viso, con i suoi bui, e i suoi disegni di luce. E lo fa perché lo spirito si possa risanare, elevare anche se possibile - affermano gli organizzatori - e per questo un attore deve attingere a un sapere universale che gli risiede dentro, che sta nascosto e sepolto dietro infinite maschere, resistenze o narcisismo; per trarla fuori da sé quella sostanza deve schiantare la sua immagine di sempre fino anche a sconcertare se stesso. L'attore è uno specchio: fa esperienza di vite possibili per far fare esperienza a chi guarda di quelle stesse vite. L'attore è porta che si apre: una soglia che il pubblico può oltrepassare per andare a vedere, o anche per spaventarsi, chiudere gli occhi, scappare via. Scappare perché il più delle volte davanti allo specchio si vede la propria figura riflessa, quella che si voleva dimenticare, che ci occorreva dimenticare per sopravvivere e non sentirsi soli, che ci hanno obliato per farci restare a guardare. Scappare perché il più delle volte oltre la soglia si rischia di vedere che finalmente si può smettere di restare a guardare così come ci hanno detto di fare ed essere partecipi"
Corriere di Viterbo Venerdì 2 Dicembre 2011
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